PremessaFinché ha potuto soddisfare i propri bisogni
materiali utilizzando i mezzi e le forze naturali senza doverli trasformare,
l'essere umano ha vissuto le sue età dell'oro, epoche in cui l'ambiente
naturale consente ad una specie vivente sopravvivenza e sviluppo con il
minimo sforzo. L’uomo ha vissuto l'ultima età dell'oro da
quarantamila e ventimila anni fa ed è stata la più splendente, perché mentre
si poteva ancora raccogliere in natura abbastanza cibo per nutrire tutti gli
individui di quel tempo, essi erano già dotati di intelligenza superiore a
quella di tutti gli altri esseri viventi. Sapevano ragionare e comunicare, si
spostavano da un luogo all'altro e conoscevano l'uso di alcuni strumenti,
come la clava ed il bastone da scavo, che potenziavano le loro facoltà. L'ultima età dell'oro cessò quando
l'ambiente naturale non è stato più in grado di sopportare l'espansione della
specie, la cui estinzione venne evitata, circa diecimila anni fa, con
l'avvento dell'agricoltura. La produzione
Negli ultimi diecimila anni, per sopravvivere
e svilupparsi l'essere umano ha dovuto sempre produrre, utilizzando il lavoro
per moltiplicare le risorse della natura e per trasformarle in prodotti. Per produrre c'è sempre stato bisogno di
risorse naturali, di lavoro fisico ed intellettuale e di strumenti adatti a
trasformare le risorse in prodotti. Le regole della produzione
Finché le risorse naturali sono state abbondanti
rispetto alla sua capacità lavorativa complessiva, l'uomo ha potuto utilizzarle
senza alcuna regola. Quando, per effetto dell'aumento della
popolazione, il rapporto tra numero di individui e quantità di risorse
diminuì, sorse la necessità di limitare l'uso delle risorse e venne
introdotta la prima regola nella storia della produzione: la disponibilità
delle risorse naturali è divisa tra tutti gli individui e ciascuno ha l'uso di una parte dell'ambiente. Questa prima regola della produzione tenne
conto solo del numero di occupanti di un certo ambiente e non anche della
diversa quantità e qualità di lavoro svolto da ognuno di loro, con la
conseguenza che una parte delle risorse restava inutilizzata. Ma, chi non lavorava aveva comunque
bisogno di disporre di prodotti da consumare e, per ottenerli, cedette
temporaneamente l'uso della propria parte di risorse. Invece di modificare la prima regola della
produzione, razionalizzando le risorse, ne venne introdotta una seconda: lo
scambio di prodotti con risorse naturali. Con questo scambio, chi produce è in condizione
di superiorità contrattuale rispetto a chi consuma senza produrre. Per soddisfare i propri bisogni, chi
consumava senza produrre venne indotto a cedere per sempre l'uso delle
risorse naturali a sua disposizione. Affinché un accordo del genere avesse
valore, fu necessario stabilire il principio per cui un individuo cede per
sempre ad un altro l'uso della parte di risorse a sua disposizione. Nasce così la terza regola della
produzione: le risorse naturali possono essere assegnate non solo
temporaneamente, o al massimo per tutta la vita, ma per sempre. Questa terza regola della produzione è il
diritto di proprietà. La base economica
Con la terza regola della storia della
produzione, cioè il diritto di proprietà sulle risorse naturali, venne abbandonata
la prima regola, con la quale si era stabilito che le stesse risorse
venissero ripartite in parti uguali tra tutti gli occupanti di un certo
ambiente. Il diritto di proprietà si sostituì al
diritto di disporre di un minimo di risorse. Dal diritto di proprietà sorge la base
economica, cioè il principio organizzativo da cui traggono origine i rapporti
economici ed il potere di decidere la destinazione dei risultati della
produzione. La base economica decide cosa, quando,
come, dove, con chi e per chi
produrre. E decide anche cosa fare del risultato
della produzione, cioè della ricchezza prodotta. Privi di risorse naturali e di mezzi di
produzione, masse di individui hanno dovuto lavorare, scambiando il propri
lavoro con una parte dei prodotti. Nasce la quarta legge della produzione: il
lavoro di chi non ha risorse naturali diventa merce. La prossima regola
Quando i mezzi di produzione avranno
raggiunto un adeguato livello di efficienza, la tecnologia consentirà di
produrre senza lavoro. Sarà introdotta la quinta regola nella
storia della produzione, con la quale si dovrà stabilire un nuovo rapporto
tra chi detiene le risorse e produce ricchezza e chi, non disponendo di
risorse e non potendo impiegare il proprio lavoro, non potrà offrire, in
cambio dei prodotti necessari a soddisfare i propri bisogni, né risorse né
lavoro. Permanendo il diritto di proprietà sulle
risorse e sui risultati della produzione, siano essi mezzi di produzione o
prodotti da consumare, la prossima regola non potrà che riconoscere a chi
produce il potere di ripartire i prodotti secondo la sua volontà. E siccome l'unica cosa che possiede chi
non produce è la propria persona, questa dovrà essere offerta in cambio di
prodotti. Così, dopo diecimila anni di lavoro per
adeguare la natura alle proprie esigenze, la stragrande maggioranza degli
esseri umani sarà costretta ad adeguarsi alle esigenze di chi sarà in grado
di produrre senza lavoro. I nuovi conflitti
I primi effetti della nascita della base
economica sono stati le guerre e lo schiavismo. Le guerre sono volute dai
contendenti della stessa base economica e combattute da chi è privo di risorse
naturali. Lo schiavismo è il primo modo scelto da
chi detiene le risorse per sfruttare al massimo la forza lavoro. Non avendo più bisogno di lavoro per
produrre, chi detiene le risorse, dopo aver soddisfatto i propri bisogni ed
appagato i propri desideri naturali, è mosso dalla volontà di potere. Ed il massimo potere si ha esercitando la
propria volontà senza condizioni. Si aprono allora due conflitti: il primo
tra produttori e consumatori, i quali reagiscono all'asservimento dei
produttori; il secondo tra gli stessi produttori, tesi alla conquista del
massimo potere possibile. Dall'esito di questi due conflitti
dipenderà la civiltà futura e la stessa sopravvivenza della società umana. La rivoluzione causale
La causa originaria di tutta la storia
della produzione e, quindi, anche del suo probabile futuro, è rappresentata
da quella prima regola con la quale le risorse naturali vennero ripartite in
parti uguali tra gli occupanti dello stesso ambiente, senza stabilire l'uso che
se ne dovesse fare. L'effetto di questa causa originaria è
stato lo scambio dei prodotti con l'uso delle risorse. Uno scambio che, con l'introduzione della
proprietà, si è potuto trasferire senza limiti di tempo. Se la prima regola avesse stabilito anche
l'obbligo di lavorare ed il divieto per chi non produce di scambiare la
proprietà di risorse naturali con prodotti, non sarebbe sorta alcuna base
economica e tutti avrebbero potuto continuare a disporre di un ambiente
sufficiente a lavorare per produrre e, domani, con lo sviluppo tecnologico, a
produrre senza lavorare. Per modificare la prospettiva del futuro è
necessario reintrodurre la prima regola della storia della produzione,
debitamente integrata con l'obbligo di lavorare e con il divieto per chi non
produce di scambiare risorse con prodotti. E siccome lo scambio di risorse con
prodotti è fondato sul diritto di proprietà sulle stesse, la rivoluzione
della causa originaria implica l'abolizione del diritto di proprietà sulle
risorse e, per conseguenza, sui mezzi di produzione. La proprietà delle risorse e dei mezzi di
produzione non deve essere di nessuno: né di singoli, né di gruppi, né della
società, né dello stato. La nuova età dell'oro
La prossima età dell'oro dovrà consentire
ad ogni essere umano di soddisfare i propri bisogni producendo senza
lavorare, lasciandolo così libero di intraprendere il suo ultimo grande
balzo evolutivo, che lo porterà al controllo della sua stessa natura. Il futuro dipende dal modo di percepire la
necessità di trasformare il presente, perché dalla percezione della realtà
trae origine il processo attraverso il quale si risolvono i problemi umani. Dal modo di percepire un problema,
discende il suo riconoscimento, l'importanza di affrontarlo, la ricerca
delle sue origini e delle sue cause, la volontà di proporsi l'obiettivo di
risolverlo, l'ideazione della soluzioni e la previsione degli effetti che ne
deriveranno, la ricerca e la produzione degli strumenti per concretizzare le
soluzioni adottate e la strategia con la quale si organizzano i mezzi in
funzione del fine che si vuole perseguire, le azioni da compiere in sintonia
con la strategia, il superamento degli ostacoli, il conseguimento e la
verifica dei risultati. Questo processo accompagna anche i
rapporti di produzione e, più in generale, i rapporti socio-economici. Posto il problema della sopravvivenza e
dello sviluppo dell'essere umano, sorge la necessità di trasformare le
risorse e le forze naturali in beni e servizi adatti a soddisfare bisogni e
desideri. Dal modo di sentirli, si decide quali
bisogni e quali desideri debbano essere soddisfatti per primi. Si inizia con la ricerca e l'analisi delle
origini e delle cause che determinano quei determinati bisogni e desideri e
ci si propone l'obiettivo di adattare le risorse e le forze naturali alle
nostre esigenze. Per farlo, si adottano le soluzioni più
convenienti e si impiegano gli strumenti più adatti, organizzandoli per
ottenere i risultati voluti e, mediante il lavoro, superando gli ostacoli, si
ottengono i risultati. Infine, si confronta lo sforzo impiegato
con i risultati ottenuti. L'impresa universale
Tutti siamo uguali e diversi. Abbiamo gli
stessi diritti e doveri, con diverse funzioni e responsabilità. Ciascuno desidera realizzare se stesso
attraverso rapporti con gli altri. Purtroppo spesso ci affermiamo
distruggendo o ingannando i nostri interlocutori. Così accade anche nei rapporti economici,
provocando i conflitti dai quali dipendono le crisi cicliche delle economie
nazionali e settoriali. Nel mercato globale le nostre diversità
devono essere oggetto di un processo dialettico imperniato su obiettivi
comuni, fondati sulla corretta partecipazione ai processi produttivi e
distributivi tra chi intraprende e chi collabora, tra chi vende e chi
acquista, tra chi produce e chi consuma, tra chi riscuote le imposte e chi le
deve versare. In questo modo si ottengono rapporti economici più armonici,
eliminando alla radice le cause delle crisi cicliche ed attivando enormi
sinergie. Un esempio pratico di questa idea è
rappresentato da un'iniziativa economica costituita da tante imprese che
svolgono diverse attività di produzione, commercio e servizi, coordinate in
sinergia tra di esse e rivolte allo stesso mercato. Un'impresa produce macchinari, un'altra impianti, un'altra costruisce immobili, un'altra commercializza materie prime, un'altra prodotti finiti, un'altra presta servizi e tutte operano in funzione di un obiettivo comune. Questa è l’idea dell'impresa universale,
nella quale convivono diversità e comunanza di obiettivi, autonomia e
sinergia, partecipazione e rischio, ideazione, progettazione e produzione. La struttura elicoidale del suo sistema
conferisce i caratteri per trasformare i rapporti di produzione in una reale
democrazia economica. Rodolfo Marusi Guareschi |