LETTERA APERTA

 

Le imprese che producono beni e prestano servizi nell’economia reale sono la vera ricchezza di ogni paese. Agli imprenditori ed ai lavoratori di quelle imprese rivolgo un appello. Chiedo scusa per non aver saputo essere più sintetico.

L’Italia è in crisi. L’Europa è in crisi. Tutto il mondo è in crisi. Non crisi ciclica ma strutturale dell’intero sistema, crisi sociale, civile, politica, economica, morale e religiosa. Il presente ed il futuro sono in crisi. Sono in crisi le dittature e le democrazie formali che le sostengono, gli stati ed i loro governi, le istituzioni nazionali ed internazionali. Sono in crisi le egemonie e le identità. È in crisi la partecipazione della gente. Siamo tutti più soli. Chi non prende sul serio questa crisi globale è molto ricco o molto stupido. Chi non si rende conto che così non si potrà andare avanti è molto ignorante o molto vile.

I politici continuano a ripetere che l’Italia è un grande Paese e che gli italiani sono felici ma nessun politico fa qualcosa di concreto per milioni di famiglie che non arrivano alla fine del mese e per migliaia di imprese che presto saranno costrette a sospendere le loro attività. Si sente solo paternalismo, sufficienza, arroganza e tanti discorsi che non servono a nulla. Nemmeno a chi li fa.

Alcune realtà sono evidenti ma pochissime persone hanno volontà e coraggio di agire per cambiarle. Si preferisce il quieto vivere, facendo finta di niente. Si pensa che non valga la pena impegnarsi per cambiare le cose che non vanno bene, pensando che cambieranno da sole o qualcuno le cambierà per tutti gli altri. Perciò tutto continua come sempre. Fino a quando è possibile. E quando si scopre che non è più possibile, la paura e le abitudini attanagliano la mente.

Si è indifferenti non solo agli altri ma anche alle previsioni su se stessi. Alcuni sono ricchi ed invidiati. Altri vivono come se fossero ricchi. Molti sfruttano le occasioni del momento. I più si adattano e si arrendono a condizioni che considerano immutabili. Chi protesta è inviso, deriso, osteggiato, escluso, condannato. Aleggiano indifferenza, egoismo, opportunismo, ignoranza, cattiveria, invidia e tanta codardia.

C’è un certa consapevolezza che le cose non potranno per sempre continuare così ma in fondo si preferisce accettare quello che ci è dato nel timore di perdere quello che si ha. Si rinuncia ad essere pur di avere e si vive cercando di conservare l’esistente. Dovremmo vergognarci pensando a quanti hanno dato tutto affinché gli esseri umani fossero più liberi e migliori. Invece siamo pervasi da falsità, inimicizia e violenza.

Che futuro potremo costruire in questo modo? Mai nessun futuro. Solo immanenza del presente e nostalgia del passato, con le sue speranze deluse, gli obiettivi mancati e le più fosche previsioni tutte avverate. L’essere umano ed il suo ambiente vanno verso la distruzione.

Perché? Chi lo vuole? Da quando? È possibile reagire? E come? La causa di questa situazione è il potere. Una minoranza bene organizzata di persone vive a spese di tutti gli altri. Per farlo si serve dello stato e delle banche, di una miriade di leggi e di moneta completamente priva di valore. Stato e banche servono per compiere la più grande truffa della storia dell’umanità.

Le leggi e le monete sono gli artifizi che si usano per sottrarre alla gente libertà e ricchezza. Più leggi ci sono, più sono complicate, più controllori servono, più ricchezza si sottrae alla gente. Ogni legge è un divieto o una concessione di libertà ai sudditi. In questo modo la libertà individuale non trova il suo limite nella libertà degli altri ma nel potere di chi gestisce lo stato e se ne serve per esercitare la propria supremazia sulla gente.

Le monete di oggi sono del tutto prive di valore. Per questo è stato introdotto il corso legale. Se le monete avessero valore, il corso legale sarebbe inutile. Con moneta senza valore si acquistano valori reali, fabbricati, preziosi, titoli di credito veri. Si acquistano anche disvalori, come armi e droghe. Anche voti. E soprattutto si controllano le imprese e l’economia reale. Lo stato e le sue leggi, le banche e la loro moneta sono i responsabili delle crisi sociali ed economiche. Stato e banche, potere politico e potere finanziario sono entrati in perfetta simbiosi. Sono uniti l’uno all’altro per sopravvivere ed esercitare il loro dominio.

Lo stato trae origine dai miti e dai dogmi religiosi, la banca dal commercio. Potere politico, potere religioso e banche si sostengono a vicenda. Basta guardare i fatti per rendersene conto. Fra di essi non esiste contrasto. Lo stato impone le sue leggi per tutta la vita. Le religioni creano illusioni che non saranno mai deluse. Le banche mettono a disposizione le risorse per mantenere stati e chiese.

Gli stati sottraggono ogni anno metà della ricchezza prodotta dall’economia reale e la utilizzano per pagare burocrati e parassiti con i quali esercitano il potere sui popoli. Non basta. Poiché spendono più della ricchezza che sottraggono, gli stati si indebitano facendo emettere moneta a corso legale priva di qualsiasi valore reale, sulla quale pagano interessi che ribaltano sui popoli, sostenendo le rendite in danno di chi lavora e produce.

Il monstrum statale divora ricchezza reale e garantisce privilegi. Sarebbe tollerabile se lo stato garantisse libertà dal bisogno, legalità, giustizia sociale, sviluppo e benessere. Ma non è così. Lo stato impedisce lo sviluppo delle imprese. Offende la dignità dei lavoratori. Impaurisce le famiglie. È un ostacolo per chiunque cerchi di vivere in modo autonomo e con le proprie forze. Fa le leggi ma non le osserva. Aiuta i più deboli ma solo in cambio del consenso. Sostiene monopoli pubblici e privati. Limita la libertà della gente nel modo più diabolico e sottile, facendo credere di essere del popolo per il popolo mentre annebbia in ogni modo la percezione e la volontà del popolo per mantenerlo suddito.

Lo stato inganna ed abusa. Sopprime chiunque si ribella al suo potere. E la gente vive con più insicurezza, paura, povertà, subendo ingiustizie e violenza. Sì, anche violenza, perché gli stati spendono un decimo delle loro entrate per fare la guerra. Lo stato fa di tutto per convincere della sua necessità. Alimenta subdolamente contrasti sociali, crisi economiche, paure e difficoltà per dimostrare di essere indispensabile, ripristinare l’ordine, comporre i conflitti, difendere dalla violenza, fare da arbitro ed apparire come l’unico soggetto che risolve i problemi della gente.

Lo stato sa trasformare la sua forma. Dalla monarchia alla repubblica, dall’assolutismo alla democrazia, dalla libertà alla dittatura. Dagli stati nazionali alle loro organizzazioni internazionali. In che cosa sono impiegate le enormi risorse delle organizzazioni internazionali degli stati? Nella burocrazia, in sempre nuovi privilegi. Sembra che tutto sia cambiato mentre resta sempre tutto come prima. Lo stato usa la maggior parte dei suoi sudditi per continuare ad esistere e per pagare l’altra parte con la quale domina il popolo. E quando le cose vanno peggio, la colpa non è mai data allo stato ma al suo governo. Così, cambia il governo ma resta lo stato e chi si serve di lui.

Chi osa proporre un governo del popolo senza stato è tacciato di populismo. Non è vero. Anarchia significa assenza di governo, non assenza dello stato. Chi cerca di mettere lo stato al servizio del popolo è sdegnosamente accusato di plebiscitarismo, facendo finta di non sapere che negli ultimi cent’anni gli stati hanno fatto ammazzare oltre cento milioni di persone in due guerre mondiali e ne hanno lasciate morire centinaia di milioni di fame e di malattie.

Lo stato è un culto, un mito. È l’unica religione terrena, quella del potere. Che avrebbero potuto fare tanti personaggi se non avessero potuto usare gli stati per sottrarre ricchezza ai popoli e formare eserciti con i quali hanno terrorizzato il mondo? Nulla. Nessun popolo ha mai fatto la guerra ad altri popoli. Guerra, povertà, privilegio e monopolio sono prodotti degli stati, non dei popoli.

Questa è anarchia? No, è solo realismo, coscienza e buon senso. Ed ora che stanno perdendo gran parte del loro immenso potere, gli stati cercano di apparire ancora più indispensabili, fomentando nuove guerre e promovendo conferenze di pace. Ricordiamoci sempre che guerre, terrorismi, conflitti di classe, ingiustizie e corruzioni nascono da quegli stessi stati al quali tutto è concesso. Per la ragion di stato si sono giustificati gli atti più crudeli e malvagi. Continuiamo pure così!

Le banche centrali sono società private alle quali lo stato riconosce il potere di emettere moneta a corso legale con la quale per legge si può estinguere qualsiasi debito. La banca centrale emette moneta senza valore intrinseco e senza garanzia. Biglietti di banca o banconote non sono altro che cambiali senza scadenza che la banca centrale mette in circolazione scambiandole sul mercato aperto con titoli emessi dallo stato, i titoli del debito pubblico.

Con moneta priva di qualsiasi valore la banca centrale acquista titoli sui quali riceve interessi. Le altre banche trasformano le banconote che ricevono in deposito in moneta scritturale sempre a corso legale che prestano con interesse. Poiché le banche possono tenere una riserva di moneta fisica inferiore al due per cento delle passività, con la moneta scritturale possono ricevere depositi e concedere prestiti fino a cinquanta volte il valore delle banconote che hanno in cassa e guadagnare l’intera differenza fra gli interessi sui prestiti e quelli sui depositi. In questo modo le banche sottraggono ricchezza a chi produce ed a chi risparmia. Con moneta senza valore.

Chi paga gli interessi sui debiti pubblici? A chi costano gli utili delle banche? Con il prelievo fiscale, imprese, lavoratori e consumatori pagano gli interessi sui prestiti pubblici. Imprese e risparmiatori pagano gli utili delle banche: le imprese pagando un interesse sui prestiti, i risparmiatori accettando un interesse inferiore alla perdita di potere d’acquisto della moneta.

Come reagire? Gli stati e le banche hanno trasformato l’antico conflitto fra capitale e lavoro in una nuova contrapposizione sociale: da una parte i lavoratori e le imprese che producono e scambiano beni e servizi produttivi; dall’altra coloro che si servono dello stato e delle banche per guadagnare senza svolgere alcuna attività produttiva. Il contrasto vero è fra produttività e parassitismo in ogni sua forma pubblica e privata. La globalizzazione dei mercati ha reso questo conflitto insanabile. È impossibile qualsiasi compromesso fra chi vive del proprio lavoro e chi pur potendo lavorare vive del lavoro degli altri. L’unico modo per risolvere questo contrasto è impedire che i parassiti pubblici e privati continuino a sottrarre ricchezza a chi la produce.

Come? L’obiettivo finale dovrebbe essere il governo del popolo senza stato. Ma un tale obiettivo può essere realizzato solo per gradi, attraverso un processo che parte dalla realtà attuale ed affronta le questioni più urgenti e nello stesso tempo crea le condizioni affinché le stesse condizioni non si ripetano in futuro. Questo significa affrontare l’immanente e trasformare l’esistente. Prima di abolire lo stato bisogna trovare un altro sistema di governo. Non sarà mai possibile costituire una maggioranza popolare che decida di abolire lo stato senza il graduale trasferimento della sovranità reale al popolo.

Alcune scelte sono imperative. Tutte le persone sane devono poter lavorare e devono produrre qualcosa che serva alla società. Oltre la metà delle spese statali serve soltanto a chi vive alle spalle dello stato e cioè di chi lavora e produce. I guadagni delle banche servono soltanto ad aggravare la concentrazione di ricchezza nelle mani di poche persone che non hanno mai prodotto nulla. E poiché tutto gira intorno al denaro, non servono difficili ricette: basterà dimezzare i costi dello stato e degli altri enti pubblici ed eliminare i guadagni delle banche. Dare meno soldi allo stato ed eliminare gli utili delle banche significa interrompere un processo che dura ormai da troppo tempo e che ci sta portando ad un fin troppo prevedibile disastro.

Per ottenere questo risultato, bisogna compiere le necessarie scelte sociali e politiche. La scelta fondamentale che i cittadini devono compiere è quella di restringere la delega ai governanti e prendere direttamente coscienza dei problemi e delle possibili soluzioni. Questo vale sia per i problemi economici sia per i tanti altri problemi materiali e morali che oggi si possono affrontare e risolvere. La scelta politica fondamentale è che i cittadini scelgano direttamente i candidati alle elezioni nazionali ed amministrative. Solo in questo modo è possibile cambiare senza violenza sia la classe politica sia gli apparati pubblici.

Non sarebbe difficile superare la crisi economica. Basterebbe aumentare il prezzo del lavoro a chi si trova sotto la soglia minima di sopravvivenza, parificare il prelievo fiscale delle rendite e dei redditi d’impresa, dimezzare il cuneo fiscale, aumentare la ricerca, lasciar circolare monete private oltre a quelle a corso legale, istituire una banca di esclusiva proprietà delle imprese e dei lavoratori che operano nell’economia reale, abolire le imposte sui consumi indispensabili. Il tutto costerebbe molto meno degli interessi sul debito pubblico. Questo è lo scandalo. Sembrano ipotesi semplicistiche ma presto ci accorgeremo che se non vogliamo sprofondare in un baratro sarà necessario questo ed altro.

Purtroppo, manca la volontà di fare anche soltanto una di queste scelte. E la gente si lascia prendere in giro. Non tutti. Qualcuno si muove. Lo fa in modo schietto, senza secondi fini, onestamente, con la determinazione che deriva dalla coscienza della realtà e dalla convinzione che la si possa trasformare e migliorare per tutti.

Ci sono idee e proposte da discutere e decidere insieme. C’è la volontà di fare qualcosa di utile per chi lavora e produce. Ci sono le risorse per formare un’organizzazione capace di imprimere un cambiamento vero. Ma nulla potrà avere più efficacia della volontà della gente, delle imprese, dei lavoratori, dei risparmiatori, dei consumatori. L’unico vero cambiamento può partire solo dal basso, dalla presa di coscienza che il benessere e lo sviluppo di ciascuno di noi dipende sia dall’azione personale sia dalla volontà e dai comportamenti degli altri. Ognuno può scegliere se restare un numero e continuare a farsi usare oppure diventare protagonista del futuro. Per se stesso e per gli altri.

Sul sito Internet www.unigov.org sono pubblicate le iniziative del programma Holos Global System anche in italiano. Si tratta di progetti concreti, possibili e rapidamente realizzabili. Riguardano energia, acqua, cibo, salute, informazione, produzione, finanza, circolazione e tanti altri problemi, compresa l’idea di un governo mondiale eletto direttamente dagli abitanti del pianeta e dell’unica moneta con valore reale.

Bisogna uscire dall’apatia. Bisogna avere il coraggio di affrontare il presente guardando al futuro. E bisogna farlo in modo completamente nuovo, originale, senza commettere errori del passato. Bisogna vincere ogni imbarazzo. Le cose non cambieranno da sole.

Per dare impulso al programma Holos Global System anche in Italia, serve una grande partecipazione. Se chi legge questa lettera vuole dare un personale apporto ed agire insieme con chi vuole le stesse cose, può inviare un messaggio all’indirizzo e-mail cambiamento@unigov.org. Ora è il momento. Insieme si può.

Con i migliori saluti.

Lunedì, 20 giugno 2005.

  Rodolfo Marusi Guareschi

                                   

 

 

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